Un Amore di Dino Buzzati

Un Amore di Dino Buzzati

Dino Buzzati è fondamentalmente un giornalista. Come Montanelli, Gino Cervi, Scerbanenco, Beppe Viola. Cosa li accomuna? L’essere stati tutti svezzati dal Corriere Della Sera, come mamma Rai.

Questo per descrivere il suo stile: asciutto, sintetico, forgiato da un italiano sublime e mai banale.

La trama del libro che ho scelto, si svolge nella mia Milano. Siamo negli anni sessanta, e Buzzati descrive il fascino di ciò che è popolare in quegli anni, specie per le classi incolte, che vi si stanno gettando a capofitto.

Auto veloci, night club, consumismo montante. Una brutale energia traspare da questo libro.

Un’opera del tutto eccentrica per Buzzati, abituato a scrivere dei suoi sogni, come fossero visioni oniriche che si tramutano in realtà, come avvenne con il “Deserto dei Tartari”. Viene infatti utilizzata la tecnica del monologo interiore, attraverso il quale si analizzano i conflitti dell’uomo maturo attratto dalla giovinezza, ma anche quello del borghese colto, affascinato da ciò che resta popolare e semplice.

Antonio Dorigo, il protagonista, è un affermato architetto cinquantenne, mai capace di istaurare con una donna un rapporto di amicizia.

Per lui la donna, era una creatura straniera, distante, fastidiosa, con la quale aveva avuto solo rapporti mercenari. Perché ancora esistono nel libro le case di tolleranza, una sorta di harem, di club per soli maschi, dove l’uomo soddisfava le sue esigenze fisiche, quasi animalesche, per dimenticare una giornata di lavoro fastidiosa, tediante o asfissiante.

Oggi si va al club a nuotare, a giocare a tennis o peggio a padel, per silenziare il prurito nervoso che sale dopo una riunione andata male col capo.

Una volta no. Si andava nei bordelli. Spiace usare un linguaggio crudo, ma e’ cosi. Era così. I giovani venivano iniziati all’ars amandi, i meno giovani, mantenevano il loro vigore virile nelle case di tolleranza, disseminate in ogni città, in ogni paesino della remota provincia.

Antonio Dorigo, aveva l’abitudine di frequentare le case di appuntamenti. Luogo di perdizione, gestito da una Hostess, che smistava i suoi clienti in base ai loro desideri, alle donne più confacenti. La Signora Emiliano, era una maîtresse: emiliana, cordiale, bonaria, ancora bella, nonostante l’età, di stampo familiare, senza niente di equivoco.

Lei capisce i gusti del suo cliente più affezionato, e gli fisserà’ un appuntamento con una ragazza, per il pomeriggio di un giorno x alle tre e mezza.

La giovane donna, ballerina della Scala, risulta essere ancora minorenne (all’epoca la maggiore età si raggiungeva ai ventuno anni). Cosi Dorigo conosce Laide, diminutivo di Adelaide. Ne rimane attratto e si innamora, per la prima volta nella sua vita di uomo scapolo.

Laide però lo vede come un cliente qualunque, uno di passaggio, dei tanti che ha conosciuto nel suo secondo lavoro. Insomma, un rapporto occasionale, basato solo sul sesso. Sembra un film di Genovese, ma no, è un testo di Buzzati, fidatevi.

L’architetto perde la testa. Si innamora della giovane donna, fa di tutto per vederla. Quando viene a sapere che lei ha lasciato il lavoro da puttana, presso la signora Ermelina, le propone di diventare la sua mantenuta: una sorta di “bunga bunga” dei nostri giorni.

Lei conduce la sua vita di sempre, volteggiando come una libellula sul proscenio della Scala, convincendosi sempre di più che Dorigo non faccia per lei: troppo vecchio e persino invadente con la sua montante gelosia.

Lui è come abbagliato dall’amore, accecato da una cosa che può avere, ma che sente sempre più distante. Pare trasparire in lui qualcosa che lo fa apparire come un inopportuno. Come quando ci si imbuca ad una festa, ed alla fine si deve rendere conto della propria presenza alla padrona di casa.

L’amore da due punti di vista: per la ragazza un’illusione che ha riempito la sua breve e vuota vita, fino a quel momento, financo dominato dalla paura della morte, per Dorigo un passo verso l’accampamento del matrimonio.

Poi un colpo di scena: inaudito, sublime, inaspettato. Passano i mesi, i giorni e le ore ed il romanzo ci fa precipitare nella camera da letto di Dorigo, con una visuale, degna di un drone, che cattura le immagini, senza disturbare. Dorigo e Laide, la ballerina e l’architetto, dormono beati nello stesso letto, e la ragazza, senza più finzione, menzogna e quasi spudoratamente, gli confessa di aspettare un bambino. Sembra una storia paradossale. Ma forse no. D’altro canto Buzzati utilizza il paradosso, come una metafora, come una medicina, come un anestetico. Il paradosso serve per andare avanti, per coprirsi quando hai freddo, per stare sereni quando tutto va male, per capire il prossimo, che non è mai chi abbiamo davanti.

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