THRILLER, PULP AND HARD BOILED: JIM THOMPSON E JOE R. LANSDALE

THRILLER, PULP AND HARD BOILED: JIM THOMPSON E JOE R. LANSDALE

Questa mia recensione inizia da Milano. Negli anni Ottanta, nella Milano da bere, il romanzo giallo, oppure il giallo, (cosi chiamato dal colore della copertina che avevano i periodici crime della Mondadori), era poco considerato. I libri uscivano soltanto in edicola, e raramente in edizione da libreria. Il giallo vero era solo quello americano, ma in Italia non veniva apprezzato e forse non veniva nemmeno capito.

C’era soltanto una piccola libreria, dapprima in piazza san Nazaro Brolo e poi dietro l’Arco Sempione, specializzata in questo genere di romanzi e gestita dalla zia Tecla. La Tecla era, la signora Tecla Dozio, critica letteraria, giornalista e libraia, che pian piano apri le porte e sdoganò il romanzo noir, giallo, crime o che dir si voglia, facendo della sua libreria un vero salotto dei giallisti, dove si incontravano scrittori allora poco noti, come Faletti, Pinketts, Carlotto, Lucarelli, potendo trovare una vasta rassegna di romanzi d’antan, che lei conosceva alla perfezione.

Un giorno mi consigliò due libri bellissimi e tenne una lectio magistralis sul genere Hard Boiled and Pulp. Queste sono premesse per i due libri che vi voglio proporre.

Il termine Hard Boiled, non allude a niente di erotico, tutt’altro. E’ un genere letterario, che trova le proprie radici nei romanzi di Raymond Chandler, Mark Spillane, Dash Hammett e più tardi di Jim Thompson. Il genere è il poliziesco, ma, rispetto al giallo deduttivo, abbiamo una rappresentazione realistica della violenza, del crimine e del sesso. Questo genere letterario fu pubblicato sulle riviste “Pulp”, ad esempio Black Mask, da qui il termine “Pulp Fiction” che darà poi il nome anche all’omonimo film. Una piccola digressione me la concedete. Il termine Pulp, deriva dalla carta, con cui venivano stampate queste riviste, ottenuta dalla polpa dell’albero e quindi più scadente, rispetto a quella del tronco. Ruvida e spessa, la carta ingialliva precocemente.

Hard Boiled, letteralmente, bollito fino a diventare duro. Per un uovo, essere “hard Boiled” equivale ad essere sodo, duro. Il detective, non si limita a risolvere casi, ma affronta il pericolo e rimane coinvolto in scontri violenti. Ha un atteggiamento da duro, di poche parole, è un forte bevitore e fumatore incallito, solitario e disilluso. Cambiano gli scenari. Di solito sono metropoli e i suoi bassifondi, come Los Angeles, Chicago o New York negli anni del Proibizionismo.

Ma veniamo a noi adesso. Dopo questo sproloquio del cazzo, vi avrò frantumato i coglioni, direbbe Philip Marlow. Quindi vi presento il primo fottuto libro.

Jim Thompson, l’autore, è forse meno famoso rispetto a Chandler o Hammett, ma cavoli se merita. Stephen King ha detto di lui: “Il ragazzo era decisamente sopra le righe, big Jim non conosceva il significato della parola stop”.

Thompson ha avuto una vita pittoresca, quanto la sua narrativa. I suoi romanzi, sono sempre o quasi sempre semi-autobiografici. Scolaro insofferente, ripetette la prima media sette volte, prima di lavorare come fattorino in un motel, prendendo soldi extra, vendendo marjuana ed alcol in pieno proibizionismo agli ospiti della struttura. A 18 anni, fumava e beveva come una spugna, tanto da soffrire di delirium tremens.

Leggete questo suo libro: “L’assassino che è in me”. Cosi vi svezzerete un po’ ed imparerete cosa vuol dire scrivere di una vicenda che è più importante della carta stessa.

Questo grande classico ha reso famoso Jim Thompson, tanto da convincere Stanley Kubrick a sceglierlo come sceneggiatore di film come “Rapina a mano armata” e “Orizzonti di Gloria”. La trama del romanzo è interessante. Lou Ford,  è vice sceriffo di una città del Texas dimenticata da Dio. Tipo lento, prevedibile, scontato e a tratti saccente e noioso. Nessuno sospetta però si tratti di una maschera, che Lou ha costruito per difendersi dal male oscuro che alberga dentro di lui. La sua maschera è la sua malattia. Il suo capo, lo vorrebbe felice e sposato con una brava ragazza, ma il tipo, non guarda di là delle sue punte dei piedi. Nessuno capisce il perché, solo lui lo sa, perché il male non lo ha abbandonato e basterà una piccola occasione per farlo esplodere in tutta la sua ferocia assassina.

Grande immedesimazione e capacità di Thompson di insediarsi nella mente criminale del personaggio, fino agli abissi del male. Uso di un registro narrativo duro e diretto, condito da espressioni gergali tipiche del Texas, come imprecazioni, dialoghi violenti, descrizioni di scene violente, sadiche e omicide, messe in atto dal protagonista. La capacità di Thompson sta nel “far vedere” al lettore i luoghi dove si svolge la storia. Dove le persone parlano in dialetto, masticano tabacco e dove regnano sovrane l’ipocrisia ed il pudore religioso. Un libro che ci racconta come un proclama mondiale, di come Thompson sia stato un dannato e ne vada fiero.

Joe R. Lansdale: “La setta delle ciambelle”

Secondo libro, seconda marachella, seconda scorta di immagini, vicende e personaggi. “Bella storia” direbbe Fedez. Landsdale è uno dei più semplici, realistici (?) ed irriverenti autori contemporanei, che spazia fra diversi generi: horror, noir, pulp. Ma ha un proprio stile: lo stile Landsdale. La sua missione narrativa è risolvere i problemi, segnalarli, cogliendo i segni e i tempi che verranno.

Trama lineare, non artefatta, reale e pulita. Eppure, il tutto mantiene un’aura di mistero, grazie all’abilità dello scrittore nel miscelarli ad arte nelle varie tematiche.

Ambienti oscuri, selvaggi, sporchi, illuminati da una buia voglia di vivere. Gli stessi turbamenti di chi legge, che nuota nelle paludi quotidiane, aggrappato alle spalle dei propri mostri, che sfoga le volgari rabbie e l’inaccettabile umanità, con la convinzione che l’umiltà, non porti a nulla di buono.

Certamente un autore diverso, rispetto al precedente, ma accomunato dalla voglia di raccontare, come una sequenza di immagini, il territorio. Il Texas è per Landsdale uno stato mentale, come Steinbeck nel 1962. Egli deve tutto al luogo dove è nato e vissuto. Le questioni razziali, la natura impervia, le strade traboccanti di violenza, cupidigia, vessazioni, ma sempre protetto da un sé che sa farsi uomo duro e puro. Il piccolo mondo del Texas è il mondo ordinario e straordinario. Leggetevi la grottesca trilogia horror del “Drive – in”, ambientata nel più grande drive in mai esistito, l’Orbit, dove emerge la malvagità dell’essere umano, nella sua peggior espressione. Oppure leggetevi le “Indagini di Hap e Leonard”, “Mucho Mojo” ed “Una Cadillac Rossa”.

Ma ve li racconterò un’altra volta. Nel suo ultimo romanzo, dal titolo strambo e succulento, abbiamo un caso di persona scomparsa. Charlie Garner non ha notizie della sua ex moglie da oltre una settimana. I vicini, sostengono, stia fuggendo dagli esattori, lui sospetta ben altro, qualcosa di più sinistro. L’ultima sua apparizione è stata nel locale negozio di ciambelle, gestito da un gruppo, meglio una setta, conosciuta come Popolo dei Dischi Volanti. Una congrega evangelista, tipo Scienthology, che crede che la propria attività si trovi sul suolo del prossimo sbarco extraterrestre.

Indagando insieme al fratello Felix, alla sua fidanzata ed alla giornalista Amelia detta “Scrappy Moon”, Charlie fa delle scoperte strambe sul mondo di Meg. Capisce, allo stesso tempo, che la sua vita e quella della sua famiglia sono in serio pericolo.

Concludo questo ritratto di Lansdale, con una breve frase di un suo romanzo, che rappresenta tutto il suo realismo. Il protagonista capisce le intenzioni del padre, è un momento di forte tensione, di climax, eppure lui pensa alle rate da pagare: “Papà inserì la prima e avanzò un po’ dando una leggera spinta all’acceleratore. Fui contento all’idea che finalmente ci muovessimo da li. Voglio che tu sappia quanto ti voglio bene, disse. Prima che potessi rispondere -anche io ti voglio bene-, diede una forte accelerata, la macchina scattò in avanti e il ponte tremò. Girò il volante a destra e la grossa Buick, con le sue cinque rate ancora da pagare, sfondò la ringhiera marcia e si fiondò nello spazio come un razzo”.

                      A Tecla Dozio, ovunque tu sia.

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