RAUL MONTANARI: UNO SCRITTORE SINCERO

RAUL MONTANARI: UNO SCRITTORE SINCERO

Raul Montanari è un autore che amo particolarmente, non a caso ho parlato di lui come un uomo sincero. Nei suoi romanzi, nei suoi scritti, in tutte le sue opere, lascia un suo particolare segno: la sincerità.

La sincerità di personaggi qualunque, che soffrono, che appartengono alla borghesia medio-bassa e che devono affrontare i problemi, spesso con soluzioni eclettiche e divertenti, altri con difficoltà interiori, che li mettono a dura prova, ma che danno al lettore la possibilità si sentirsi sempre, e dico sempre, parte del libro.

Montanari è uno scrittore, ma prima ancora è un traduttore di importanti opere letterarie, perché, a suo dire, “è difficile immaginare un migliore esercizio per uno scrittore che tradurre”. Ha tradotto per le scene opere di Seneca, Sofocle, Shakespeare e Schnitzler e pubblicato per i principali editori italiani, traduzioni delle lingue classiche e moderne.

Ha fondato una importante scuola di scrittura creativa, recentemente classificata fra le migliori di Italia.

Ma arriviamo al punto: cosa scrive Raul Montanari? Nel libro che vi propongo, “Il vizio della solitudine”, abbiamo tutti gli ingredienti del romanzo noir. L’ex poliziotto Elio Guarnieri, che assiste per caso a quella che sembra una esecuzione in piena regola, non potendo fare a meno di intervenire.

Il killer muore, la vittima predestinata fugge e Guarnieri, si ritrova catapultato al centro di una vicenda più grande di lui, dove la fanno da padrona il mistero e i colpi di scena.

L’assassino, infatti, si rivela essere il giustiziere di una associazione segreta che dà la caccia agli scafisti, per vendicare torture e violenze subite da chi affronta gli ormai tragici viaggi della speranza.

Guardatevi a tal proposito il film di Matteo Garrone “Io capitano”, non per fare digressioni, ma per aprirvi la mente e capire le storture di questo mondo dove viviamo.

Insomma, per concludere, abbiamo la vittima che è un brutale carnefice con le mani sporche di sangue innocente.

Quindi, in questo libro, abbiamo tutti gli ingredienti del noir, meglio del post-noir. Fulgido esempio di non genere, dove l’autore stravolge le regole, abbraccia una prosa nuova ed esce dagli schemi.

In realtà Montanari non è stato il solo a preconizzare questo nuovo genere nel genere. Come lui, ci sono stati altri giallisti come Biondillo, Pinketts e Grazia Versani.

Il post-noir è una narrativa di tensione, che riesce a fare a meno dei detective, indagini, omicidi (non in questo libro chiaramente), annullando il divario qualitativo tra narrativa di genere e quella letteraria.

Qui non abbiamo, come nei romanzi americani noir di inizio novecento, dei detective incalliti bevitori, situazioni malfamate dove la pistola veniva estratta al minimo rumore e la scena del crimine minuziosamente studiata, per poi arrivare alla risoluzione di un crimine brutale con uno schema consolidato, fino ad un fine tema, che ristabiliva una situazione di ordine o di caos, a seconda delle vicende narrate.

In Montanari, come negli altri autori vi è molto spesso la lucida e disincantata presenza della solitudine, di un profondo esercizio riflessivo del personaggio stesso sul proprio passato, sui suoi trascorsi, su ciò che è stato o avrebbe potuto essere. Il personaggio del libro, ci racconta dei genitori scomparsi prematuramente, del suo lavoro come poliziotto e dell’eterno dilemma di essere servitore di una legge, ma al contempo di non seguire sempre le regole.

Un matrimonio sbagliato, errori ed occasioni mancate. Un romanzo che ci trasporta in un mondo parallelo, dove si tirano le fila della propria esistenza, animata dalla surreale e pericolosa vicenda che lo vede protagonista.

Gli unici due punti di riferimento sono due paradossi che si fanno realtà. L’anziana maestra del protagonista, da cui egli va spesso per prendere ripetizioni e non dimenticare le basi di una cultura che sente sempre più lontana, e Greta, una giovane ragazza, che vende riviste politiche porta a porta, con la quale nasce un improbabile ed inverosimile sentimento.

Questi sono gli ingredienti che popolano tutte le opere di Montanari: il paradosso portato all’eccesso, l’illusione per qualcosa che c’è stato e che non c’è più o non ci sarà, ed il mistero, inteso come qualcosa di insondabile ma non necessariamente pericoloso.

Il disincanto del personaggio, il suo senso di smarrimento giunge ad un punto tale da non consentirgli nemmeno di poter fare un bilancio della propria esistenza. Uno stato d’animo, che forse, qualche volta, anche noi abbiamo provato.

Montanari ci vuol far partecipi di questo. I suoi personaggi non sono degli eroi con la pistola in mano, od investigatori geniali che risolvono casi impossibili ed improbabili. Tutt’altro, sono rappresentazioni realistiche di ciascuno di noi.

Le riflessioni che l’autore ci regala, diventano per ciò le nostre, e ci spingono a meditare su quanto le dinamiche sentimentali e psicologiche nelle nostre famiglie, abbiano influito su quello che siamo oggi.

Sul significato che diamo all’amore, all’amicizia, su come ci poniamo nei confronti delle scelte di principio che si possono mettere fra noi ed il modo, più o meno indolente con cui affrontiamo la vita (ogni riferimento è puramente casuale). Insomma, temi esistenziali, direi universali, che evadono dalla rete angusta della narrativa di genere, pur avendo tutte le caratteristiche per essere tale.

 Prima citavo Biondillo, Pinketts, Fois, ma anche Ammaniti. Autori che mostrano quasi una fisicità ed una terribile irrequietezza nei loro scritti, in un mondo letterario, specie quello dei primi anni Novanta, molto apatico, se non quasi addormentato, dalle prodezze della Signora in Giallo e Don Matteo.

Si può certo raccontare una storia, toccando però tematiche universali.

Anche in questo romanzo, infine, Montanari inserisce il “temibile” Velardi, come risolutori di casi complessi e coscienza critica, uomo di azione, in cui convivono umanità e cinismo, ma anche compassione e giustizia.

Ma non è, ripeto, un personaggio seriale, ma piuttosto un personaggio mutevole al servizio della storia e dei suoi protagonisti.

Tutto questo, non va a discapito della qualità: Montanari padroneggia la sintassi del noir, come nessun altro, semplicemente condendo il tutto con qualcosa in più e di diverso, quanto basta per non farci annoiare ma per sentirci parte integrante della vicenda narrata.

Tematiche trattate, tensione narrativa, profondità argomentativa ci seducono al primo impatto.

 Montanari è insomma un autore per tutti i lettori, questo apprezzo di lui. La semplicità, la sua semplicità, la sua prosa fine e limpida ci cattura e non è mai banale.

Non importa come si arriva alla meta, quanto tempo occorra per arrivarci, ma importa il viaggio che si è compiuto per arrivarci. Importano le emozioni che abbiamo provato, attraverso paure, ossessioni, menzogne che ci mostrano la vita così com’è.

Non soccombe nessuno, non ci sono brutti o buoni, belli o cattivi, vincitori o vinti, ma la scoperta di un personaggio o di personaggi molto simili a noi. Perché le difficoltà, spesso, preparano le persone normali ad un destino straordinario e come diceva Dostoevskij: “ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso”.

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