Il tempo e gli orologi – Tommaso Vercellio

Il tempo e gli orologi – Tommaso Vercellio

Parecchi anni fa, un mio professore dell’università, mi chiese se volessi diventare cultore della materia. Io gli risposi che volevo essere cultore, ma della mia più grande passione: gli orologi.

Ho altre due passioni. Una già la conoscete, sono i libri, che tanto amo e che a volte odio, ma che mi appassionano enormemente, l’altra sono le auto.

Ma andiamo per gradi.

Non so bene il perché di questa passione per l’orologio, sia da tavolo che da polso. Posso solo confermare, che alla vista di un orologio, provo felicità, mi immobilizzo ed inizio a scrutare la vetrina dove sono esposti.

Siano essi orologi antichi, o vintage, come direbbero i più esperti, d’epoca, se parliamo di orologi da tavolo e di antiquariato, io sono sempre sul pezzo.

Purtroppo oggi, i maestri orologiai sono sempre più rari nelle città. Specialmente a Milano, non ci sono più le belle botteghe che riparano gli orologi. Forse perché nessuno più possiede orologi antichi. Oggi attira molto l’orologio da polso, specie se moderno, magari impreziosito d’oro, o con la ghiera in diamanti. Sono nati e si sono diffusi i “reseller”, commercianti professionisti, che rivendono orologi da polso di lusso delle più importanti marche (Rolex, Omega, Audemars Piguet, Patek Philippe), comprati alla metà del prezzo di vendita nell’omologo concessionario, oppure da un cliente annoiato di indossarli.

Pensate che in un concessionario Rolex, il loro modello di punta, il cronografo Daytona, di listino vale 11.550 Euro, ma è molto difficile da reperire. Cosi, il cliente di fiducia se lo procura ed il giorno stesso lo rivende al doppio, lucrandoci un bel po’ di quattrini.

Quindi l’orologio oggi è uno status simbol, un oggetto da avere perché si deve mostrare. Anche se fake. Si, avete capito bene. Stanno spopolando gli orologi falsi. Repliche più o meno curate di orologi noti, che permettono al cliente di indossare l’oggetto, senza spendere cifre esorbitanti.

Purtroppo a me tutto questo non piace. Io amo gli orologi come segnatempo e basta. L’orologio cosi come è nato: una rappresentazione del mondo e del tempo. Oggi, invece, è pressoché ridotto al ruolo di protesi velocizzata e preziosa dei ritmi giornalieri di ciascuno di noi, e nel migliore dei casi, assume il volto del gioiello di precisione.

In altre epoche, il valore dell’orologio era differente, si sposava con i tempi della vita e della comunità, con il dispotico controllo dei tempi di lavoro, da parte dei padroni. Era l’immagine del mondo, la metafora dello stato e dell’armonia celeste. Oggetto fisico e metafisico, che misurava, ciò che ancora adesso non è misurabile: il tempo.

L’orologio era un oggetto misterioso, ricco di simbologia, enigma da decifrare, mirabile invenzione umana e visibile fuga dalla vita verso la morte. L’orologio è da sempre considerato uno strumento che ammette di poter misurare e scandire ciò che è invisibile e inafferrabile.

Oggi l’orologio rappresenta il tempo del caos, figlio della rivoluzione industriale che ha trasformato il mondo e creato il modo di dire più famoso: “il tempo è denaro”. Come direbbe un attore a me caro, il mondo oggi è rappresentabile e definibile come e con il “taaac”, che poi è il contrapposto del “tic” dell’orologio, se ben ci pensate.

Oggi le persone vivono freneticamente, velocemente, impulsivamente, orologio alla mano. Guardano l’orologio, si sentono felici perchè hanno fatto tante cose, ma hanno troppe cose, e forse questo le rende un po’ infelici.

Fanno da contrasto a tutto ciò le visioni dell’orologio e altre poesie di Baudelaire, che mostrano un orologio come “Dio sinistro” e impassibile, pronto a ricordare all’uomo che il tempo mangia la vita e ti può soffocare.

Non è nemmeno un caso, che il più grande libro sul tempo del novecento “ Alla ricerca del tempo perduto” di Proust ed uno dei grandi dipinti di Salvador Dalì “Persistenza della memoria” abbiano, come nucleo essenziale, degli orologi che sfuggono dalla loro temporalità, che danno modo alla nostra memoria di sopravvivere all’immagine del tempo.

Da un po’ di anni a questa parte, tuttavia, l’orologio è il più grande produttore di denaro, ed il più pagato artigianato del nostro secolo. Si sono perfezionate le tecniche di costruzione e le strategie di vendita di orologi sempre più attendibili nel misurare fedelmente il supremo ingannatore.

Ma, all’astrattezza di un tempo, misurato nell’esattezza di un istante, corrisponde

 il tempo concreto e buio dell’esperienza, e del nostro respiro.

Anche perché gli orologi possono rompersi, fermarsi o impazzire.

Mark Twain, nel suo celebre racconto comico “Orologio Impazzito”, racconta di un tale, che possedeva un orologio nuovo di zecca, bello, funzionante e preciso, ma di cui un giorno, ahimè, dimentica la consueta carica serale.

Per cui, il poveretto, disperato, lo carica alla bene e meglio, con qualche ora di ritardo e si reca dall’orologiaio, per avere l’ora esatta e ripararlo.

Quest’ultimo, senza ascoltare le spiegazioni del proprietario, sentenzia, sia necessario dare una spinta al regolatore.

Da qui, nascono una serie di peripezie del povero protagonista, che, sempre più angosciato, si trova a peregrinare da un orologiaio all’altro, rimanendo inascoltato, mentre ometti saputelli e tronfi, concorrono alla distruzione del prezioso oggetto, fino, appunto, a farlo impazzire del tutto.

Al protagonista, non resta che una soluzione contro l’ultimo sedicente tecnico: “gli bruciai le cervella all’istante, e lo feci seppellire a mie spese”.

 Un po’ drastico in effetti. Si vede che con l’orologio, era impazzito anche il proprietario. Rimane la morale di questo racconto. La scomparsa di un giusto tempo, e di uomini che sappiano sfruttarlo al meglio.

Il tempo rimane abbastanza a lungo per chi lo usa, ed una volta acquisita la padronanza del tempo, capirete quanto sia vero: che la maggior parte delle persone sopravvaluta ciò che può ottenere in un anno e sottovaluta ciò che può ottenere in un decennio.

 Il tempo è, insomma, un capitale che ogni essere umano possiede e non può perdersi.

Samuel Smiles diceva che la ricchezza perduta può essere sostituita dall’industria, la conoscenza perduta dallo studio, la salute perduta dalla temperanza o dalla medicina, ma il tempo perduto, è perduto per sempre.

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