ALMA, LA FORZA DEL RICORDO – FEDERICA MANZON

ALMA, LA FORZA DEL RICORDO – FEDERICA MANZON

Ho letto con lucida determinazione, passione e piacevolezza questo romanzo, della scrittrice Federica Manzon, edito da Feltrinelli. Uso il titolo ricordo, non a caso, perché è un romanzo che ci porta indietro nel tempo, meglio, dove la protagonista ci fa fare un viaggio a ritroso nella sua infanzia, nelle sue origini, che poi sono quello che noi tutti noi siamo. La protagonista, Alma, giornalista che vive da tempo a Roma, è nata a Trieste, città che ha vissuto periodi molto bui nella nostra storia.

Nel 1945 le forze jugoslave di Tito, produssero un grande sforzo per arrivare fino a Fiume, l’Istria, e Trieste, rivendicandone il possesso con il diritto della forza, senza basi storiche, nè geografiche nè etniche.Gli occupanti attuarono provvedimenti che parevano preludere ad una annessione della città e della regione, ordinando anche il cambio della sovranità.

Questa occupazione, questa violenta aggressione, portò massacri ed uccisioni. Da qui nasce il termine foibe e il neologismo “infoibare”, sinonimo di massacri e le foibe, altro non erano che grandi conche chiuse, dove venivano gettati i corpi dei nemici, dei soldati, degli oppositori al regime. Dopo il massacro, seguì un grande esodo di cittadini italiani dalla Venezia-Giulia, il famoso esodo giuliano-dalmata. Di fatto Trieste era una città jugoslava, e solo la mattina del 26 Ottobre del 1954, i soldati italiani entravano a Trieste, per la prima volta dopo tanti anni di contenziosi. Con il governo Scelba, venne firmato il Memorandum di Londra, e da quel giorno Trieste tornò ad essere italiana.

Ma perché questo lungo preludio e questa brevissima e concisa digressione storica? Perché Alma è il romanzo in cui la protagonista, esule anche lei, torna nella sua Trieste, dove è nata e cresciuta, per ricevere una eredità lasciatale dal padre. Meglio sarebbe dire, è costretta a tornare. Molte volte, certi ricordi dovrebbero essere dimenticati e pur procurandoci dolore, si dovrebbe guardare avanti. Ma altre volte è impossibile farlo. Cosi per Alma.La geografia è la grande protagonista di questo romanzo, il luogo in cui si intrecciano storie, si definiscono sentimenti, si dà un senso a qualcosa del passato, per fare pace con se stessi, per trovare una serenità.

Trieste, le sue vie, i suoi posti sconosciuti, che Alma conosce come le sue tasche. Le case, le strade, i vicoli, il mare. Poi la “terra di là”, i Balcani, che da Trieste sembra quasi toccarli, tanto sono vicini, eppure ad Alma sembrano lontani.

L’infanzia e la gioventù di Alma sono segnati dalle vicende della dittatura di Tito, col quale suo padre lavora a stretto contatto. Nel romanzo, si fa fatica a comprendere quali mansioni effettivamente svolga quest’uomo, al servizio del comandante. Però lui il padre è un uomo potente, che ottiene continui lasciapassare, attraverso i quali Alma, abbatte i confini e si muove libera, facendo la spola tra Trieste e i Balcani. Un giorno, proprio il padre di Alma, torna a casa con Vili, bambino, figlio di amici nato in Jugoslavia. Si crea una intimità, come logica conseguenza di una vita trascorsa sotto lo stesso tetto, nel tepore di una famiglia. La città di Trieste, l’assenza del padre, la costante presenza dei nonni e il tempo che passa. La borghesia triestina, quella austroungarica, che diventa demodé con lo scorrere del tempo. La mamma di Alma, il suo lavoro nel manicomio, che al contempo diventa strumento utile, per descrivere i cambiamenti dell’Italia e della riforma Basaglia, ma che è anche un luogo di follia, reclusione, repulsione, prigionia, annientamento.

Vili, il piccolo bambino, diventa ragazzo, cresce, e nasce una tenera storia d’amore tra i due protagonisti. Un luogo sicuro, dove il tempo si ferma, dove si trova il momento di conoscersi, di conoscere i reciproci segreti, di pregare insieme, capire i valori e i limiti di ciascuno dei due, che poi sono quelli di ciascuno di noi.

Ma poi c’è la fuga di Alma, il suo disconoscere la storia, l’infanzia, le sofferenze, il perdono. A Roma, Alma è un’altra persona, che svia le domande personali, fugge dalla realtà da cui proviene, e si crea una immagine diversa, artefatta.

Ma il passato non fugge, non scappa, e se avanti si può andare sempre, indietro bisogna tornarci, alle volte, non sempre, per rompere con il passato e costruire un futuro, per dire:” Così ho l’anima in pace”.

L’eredità del padre, è un pretesto. Il pretesto di Alma, per rivedere la sua infanzia, capire dove e come ha sbagliato, cercare così di recuperare quello che è ancora possibile recuperare. Vili non c’è più. Lei lo ha tradito con la fuga. Lo cerca, lo ricerca. Alma lo raggiunge a Belgrado, scopre l’uomo, il suo passato, vuole capire caricandosi di tanti perché. Si amano di nuovo. Si lasciano di nuovo.

Facile illusione, quella che ci convince che le consapevolezze dell’età adulta, spazzino via il passato, lo ridimensionino, lo commutino in qualcosa di diverso.

Il passato è una istantanea, messa lì per farci capire chi siamo. Non è retorica, ma la verità. Siamo noi che dobbiamo dargli un significato. Come quando siamo in un museo, davanti ad un dipinto del passato e cerchiamo di capire il perché del pittore, che cosa vuole dirci, comunicarci. Certo, non oseremmo cambiare la tela, macchiarla come fanno certi ecologisti, oppure passare oltre. Vogliamo capire il significato dell’opera passata.

A Belgrado, intanto, è scoppiata una nuova guerra, di natura etnica e religiosa, tra la Serbia, la Croazia, i cristiani cattolici ed i musulmani. Nuovi eccidi, nuove e tremende persecuzioni e tremende atrocità vengono perpetrate.
Cosi Alma scrive. Quello che sa fare meglio. Lo farà per il suo giornale. Ma più che articoli di cronaca o analisi geopolitiche, sono lettere dal fronte, tragedie che vengono da luoghi che a malapena si saprebbero collocare sulla cartina geografica.

Villaggi e regioni con nomi difficili da leggere, dove tragedia ed eroismo, stanno insieme nelle città sotto assedio.
Forte è il senso di smarrimento di Alma. Forse allora è stato uno sbaglio far ritorno in quei luoghi? Perché soffrire? Perché ripercorrere il passato? Perché infilarsi in posti e in luoghi troppo complessi. Suo nonno con la sua voce di velluto le dirà:” No, non credo che tu sia una sradicata, devi solo trovare il tuo posto, dove mettere le radici”. Cosi Alma capisce, comprende, acquisisce consapevolezza, ricucendo legami, perdonando, seguendo uno strappo, che non necessariamente è una frattura.

Questa è la vera tregua di Alma. L’eredità paterna contiene quel passato di cui Alma è convinta di fare a meno, da cui trincerarsi, per salvarsi. Ma nessuno si salva da solo. Lei lo farà facendo pace con sè stessa.

Cosi Alma, riesce a stare in posti dove pensava di non poter più stare, vivendo dove non pensava più di vivere, e sentendo di nuovo il bisogno di amare.

 Ci sono il senso delle sue origini, le persone che diventano luoghi, che compongono una storia.

Perché il senso di questo romanzo, è quello di creare un ricordo e fare del ricordo una cosa bella, amabile, aggraziata, piacevole o, perlomeno, quieta.

L’autrice, ci informa di come abbiamo da sempre sottovalutato la guerra dei Balcani, di come pensiamo erroneamente di conoscere luoghi o persone, in cui cresciamo, senza averli mai capiti. Non comprendendo noi stessi, in fin dei conti. Molte volte ho parlato della fuga. E’ vero, si può scappare in molti luoghi, ma non si può scappare da noi stessi.

Chiudo con una frase dello scrittore Carlos Ruiz Zafon:” Prima o poi, l’Oceano del tempo, ci restituisce i ricordi che vi seppelliamo”. Ecco, non facciamoci trovare impreparati, non aspettiamo la bassa marea, che scopre tutto e tutti. Non facciamoci seppellire da brutti ricordi, che magari tali non sono. Facciamo pace con il passato, viviamo i ricordi, come un patrimonio inestimabile, che non ci deve dar tormento, ma insegnare a vivere secondo l’esperienza, che del ricordo è l’attimo tangibile.

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