Un sabato, con gli amici :  Andrea Camilleri

Un sabato, con gli amici :  Andrea Camilleri

Premio Strega perchè no ed i miei suggerimenti letterari per l’estate

Ho visto, con attenzione ed un po’ in noiosa solitudine, la cerimonia del 5 Luglio, dove si proclamava il vincitore del premio Strega, ambitissimo (si fa per dire) riconoscimento italiano, al libro meglio scritto e più affascinante, all’interno della cinquina che arriva in finale.

Come una piccola Hollywood “de no antri”, dove a vincere la statuetta, è stata l’abruzzese Donatella di PIetrantonio, con il suo ultimo romanzo: L’età fragile. Già scrittrice prolifica, piuttosto prolissa, e con una prosa sempre incline al drammatico, al tragico, al ciò che di male può avvenire per il futuro.

Anche questa storia, ambientata in Abruzzo, rievoca, manco a dirlo, drammatici fatti di cronaca nera che negli anni Novanta turbarono un paesino appenninico sulla Maiella, condizionando la vita dei suoi abitanti e, all’interno di questa “cornice” letteraria quella della protagonista Lucia, della sua amica Doralice, che, ai tempi di questa vicenda, vivono in prima persona questi tragici eventi, nel periodo della loro età fragile e spensierata. Una sorta di giallo investigativo, attraverso la memoria e voce narrante Lucia, ogni interrogativo trova la sua verità, e la verità trova la giustizia che merita.

La scrittura però, a mio modesto giudizio, è poco incalzante, sia come prosa che come ritmo narrativo, poco dinamica e anche confusionaria, e non riesce a farci capire la vera fragilità umana delle persone. Almeno non a me, che pure sono un essere molto sensibile e lettore accanito.

Quanto alla cerimonia, beh, come sopra detto, è un circolo chiuso, dove tutti si conoscono, come fossero una lobby. Scrittori che recensiscono scrittori, che si comportano con “amichettismo”, dove non esistono più le belle stroncature che c’erano una volta. Tutti e cinque i libri, sono belli e toccanti. Ma perche? Perche non dire la verità? Perche fa male? Perche Donatella di PIetrantonio era troppo fragile? Sembra di stare al festival di Sanremo, mancando però il televoto, che almeno restituirebbe un po’ di dignità al premio, e darebbe parola ai lettori, che sicuramente direbbero la loro. Quando ilPremio Strega lo vincevano scrittori come Flaiano, Pavese, Soldati, Morante, o Primo Levi, a presentare lo Strega, poteva esserci chiunque, perché loro erano lo Strega, con le loro opere innovative, evocative e piene di suggestioni che incalzavano il lettore.

L’unico colpo di genio di questo premio Strega è stata la conduzione: affidata ad un genio come la Geppy Cucciari: il suo smalto ha umiliato i concorrenti, che non sono evidentemente cosi bravi ad essere anche scrittori.

Ma veniamo a noi, io ho cinque proposte letterarie, detto in parole povere, cinque libri e poi altri cinque, che vi proporrò man mano, per compensare la noia dei libri in circolazione, e farvi godere una estate letteraria.

Il primo libro è un delizioso romanzo di Andrea Camilleri, uscito nel 2009 per la Sellerio Editore, che io adoro, come format di impaginazione, carta usata e semplicità di immagine. Non fatevi trarre in inganno, qui non c’è nessun Montalbano, Mimi’ Augello, o Catarella alla porta.

Il libro si intitola “Un Sabato sera, con gli amici. Uno straordinario Camilleri, ci propone un libro che pare essere una commedia degli equivoci, dove regnano sovrane la cattiveria mirata, l’inganno, il gelo.

Un libro imprevisto per coloro i quali, sono abituati a leggere Camilleri ed accostarlo a Montalbano. Un romanzo duro e crudo, imprevisto nella sua oscurità, persino disturbante, perché ci porta nelle tenebre della normalità borghese, in Italia, all’inizio del XXI secolo.

Come agiscono su di noi i traumi infantili? Bella domanda. Quanto si può cambiare nel passaggio dalla gioventù all’età adulta? Beh, questo libro, ruota attorno ad una delle più equivoche abitudini borghesi: la rimpatriata. Si, avete capito bene. Quelle che mia madre, diserta sempre, perché non vuole sembrare la più giovane in una classe dove molti sono vecchi, qualcuno è deceduto ed altri sono in procinto di una demenza senile.

Qui un gruppo di amici, si rivede dieci anni dopo la fine dell’Università, vent’anni dopo la fine del liceo. Eppure un amico scomparso per anni, ricompare dal nulla, e fa irruzione nelle vite di chi, ha continuato a frequentarsi anche dopo, o non è riuscito a farne a meno. Mia madre ha sempre declinato gli inviti, quindi, ormai sarà sulla “Black List”. Io di amici non ne ho avuti, cosi evito queste fastidiose rotture di palle.

Insomma un viaggio che mi fa pensare ad “It” di Stephen King, o a “Pastorale Americana” di Philip Roth. Un horror ed un romanzo generazionale, accomunati dalla medesima vibrazione di fondo: la nostalgia, la tenerezza, con cui King e Roth, guardano i propri personaggi diventati adulti alle prese con gli amici di un tempo non troppo lontano.

Alcuni sogni sono infranti, d’accordo, ma verso le imperfezioni del camminare verso la vecchiaia (nel presagire, per la prima volta la fine: mamma mia!!!), c’è una quieta compassione. Nei casi più rari, il potere annichilente della tragedia, travolge, nobilitandoli, alcuni di questi personaggi.

In modo analogo, gli ex ragazzi di “Un Sabato con gli amici”, sono uomini di bella presenza, vivace intelligenza e discreta posizione sociale a cui gli anni hanno infuso una dose di cinismo, malevolenza, perfidia, ed uno sfrenato individualismo, difficili da trovare in altri contesti.

Ricatti, vendette, doppiogiochismi, esche e trappole pronte a scattare, il tutto allestito tra studi professionali ben avviati, uffici di rappresentanza e scannatoi, nascosti nei quartieri residenziali. Viene in mente la cattiveria adamantina di Pierre de Laclos del fu secolo Settecento.

In questo libro, ci sono i discendenti ripuliti di quegli “avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi” di cui scriveva Pasolini nella “Ballata delle madri”, rappresentanti di una nuova classe media, istruiti, aggiornati, disinvolti, ma divorati da una terrificante amoralità, che rischia di diventare la modalità emotiva standard del paese.

Tutta la simpatia che Camilleri riserva altrove ai suoi commissari, agli ispettori capo, ai centralinisti, ai giornalisti locali, alle donne coraggiose, agli arrangiati ed ai rubagalline, qui è assente. C’è una grande differenza tra uomo comune ed uomo medio: la gente comune può ancora farsi popolo, l’uomo medio no. L’uomo medio, come diceva Pasolini “È un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, colonialista, razzista, schiavista e qualunquista”. Poi c’è il secondo leit motiv di questo libro: il sesso. C’è n’è tanto in questa storia, quasi sempre un sesso malato, represso, mortifero o violento mai liberatorio, semmai distruttivo, prevaricatorio ed inquietante.

Camilleri balla, tiene un piede nel bene ed uno nel male, ed il corpo sta nel mezzo.

Non c’è uomo senza ombra, in ciascuno di noi riposa un assassino, un pervertito, un sadico, un masochista, un orco, un bambino spaventato. Nessuno scrittore, può attingere e raccontare il peggio in maniera credibile, senza esorcizzarlo sulla scena attraverso la rappresentazione.

Un’ultima annotazione. I personaggi di un “Sabato con gli amici”, hanno subito tutti dei traumi infantili. Ciascuno di loro, è stato testimone di una scena primaria che non è mai riuscito ad elaborare e che ne ha determinato le azioni future e soprattutto i futuri misfatti.

Qui il romanzo teatrale sembra contaminarsi con il dramma psicoanalitico. Un po’ troppo schematico forse, da parte di Camilleri, questo modo di agire, che però, al contempo ci fa incamminare per la strada di certe figure aspre e terribili per la via che parte da Agrigento, ed a arriva a ritroso a Lentini, da Pirandello a Gorgia, ci conduce a Sofocle.

Nessuno può sottrarsi al proprio destino, nessuno può liberarsi da ciò che è.

Nella luce livida e tempestosa di “Un Sabato Con gli Amici”, sotto il dramma sociale, il romanzo politico, la rimpatriata andata a male, la psicanalisi, la commedia di un paese normalmente allo sbando, si intravedono le vestigia di un altro mondo. Impronte disseccate, su cui sovrapponiamo fatalmente le nostre. Attraversate questa porta, sembra dirci Camilleri, seguitemi giù per le scale, lì in fondo, non appena c’è buio, c’è qualcosa anche per voi.

Insomma, come diceva Primo Levi, “tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo”.

Tommaso Vercellio

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